Il legal design come nuova frontiera dei contratti online

Di Valentina Baricordi

Team Leader Legal Abilio

Il vivere ed il determinarsi in maniera digitale – in un mondo che, a causa del contesto pandemico rifuggiva dal contatto umano – è diventato il nostro nuovo paradigma. La pandemia ha, infatti, portato ogni persona a modificare i propri stili di vita e, in particolar modo e per quanto qui ci interessa, le modalità attraverso cui concludere contratti on-line.

Va rammentato che il diritto e, in particolar modo, la giurisprudenza varie volte si è affaccendata a costruire una cornice normativa alla forma e alle modalità di conclusione del contratto online nonché all’accettazione delle clausole vessatorie.

IL CONTRATTO ONLINE

Quando parliamo di “contratto online” ci riferiamo al contratto concluso con modalità telematiche, ogni qualvolta in cui lo scambio tra proposta ed accettazione avviene attraverso la rete telematica. Se tale definizione ad oggi pare chiara e incontrastabile, lungo è stato il percorso che ha condotto alla sua esternazione.

Originariamente, i contratti telematici venivano identificati sulla base dell’oggetto del contratto: erano quei contratti aventi un oggetto informatico, vale a dire diretti al trasferimento di un bene (o all’esecuzione di un servizio) volto a soddisfare un bisogno informatico.

Un diverso orientamento dottrinale, poneva invece l’accento sulla causa del contratto intendendo ricompreso in questa categoria qualsiasi contratto il cui scopo fosse perseguito o perseguibile attraverso il mezzo informatico.

Se tale ultima impostazione ha da un lato notevolmente aiutato ad ampliare la categoria di questi contratti ricomprendendo non più solo (e soltanto) quelli aventi ad oggetto un bene o un servizio informatico, dall’altro ha dato modo alla dottrina di evolvere ancora oltre ponendo l’accento sulla forma del contratto: se i contratti telematici sono quelli il cui fine è attuato attraverso la tecnologia allora, va da sé, che è l’informatica il mezzo attraverso il quale la volontà contrattuale si esteriorizza, assume una veste. Ne è la forma.

Oggi, ulteriori passi sono stati fatti e la dottrina più recente ha ricondotto il fenomeno nell’area dell’autonomia negoziale. I contraenti possono scegliere per la conclusione del proprio negozio giuridico fra innumerevoli forme tra cui, quindi, anche quella basata sul mezzo telematico.

Siamo giunti quindi al punto da dove eravamo partiti ricostruendo il contratto telematico come quel contratto a distanza, concluso con modalità telematiche (differente dal contratto stipulato in forma elettronica, con firma digitale, senza l’utilizzo di documenti cartacei).

Se è assolutamente pacifico che i contratti telematici si possano concludere mediante procedura “Click&Point” ovvero cliccando sul tasto di accettazione/conferma (manifestando in tal modo un comportamento concludente) non è altrettanto chiaro e (pacifico) in quale modo possano essere accettate quelle clausole che comportano uno squilibrio dei diritti delle parti o restrizioni e limitazioni della libertà contrattuale della controparte.

Occorre, purtroppo, evidenziare la scarsa l’attenzione rivolta in fase di sottoscrizione dei contratti online. Rammentiamo – a riprova di quanto appena assunto – i risultati ottenuti dall’esperimento realizzato nel 2014 dalla European Law enforcement agency Europol: diversi cittadini britannici connettendosi all’hotspot e accettando i termini e le condizioni del servizio, accettavano altresì la cd. “Herod Clause” che impegnava espressamente – a fronte della fruizione del servizio – a cedere per l’eternità il proprio primogenito alla società informatica.

In un mondo in cui gli scambi avvengono a velocità sempre più rapida, in cui accettiamo, clicchiamo, scrolliamo pagine senza prestare particolare attenzione a ciò che ci si pone davanti, per un operatore commerciale è assolutamente necessario contemperare l’esigenza di speditezza dei traffici commerciali con la necessità di trasparenza, consapevolezza e conoscenza (e conoscibilità) dei propri diritti da parte della controparte contrattuale.

La questione relativa all’accettazione delle clausole vessatorie online non trova un’espressa previsione normativa, nemmeno nelle norme specifiche di cui al D.lgs 70/2003 (in materia di Commercio elettronico), ma è il frutto delle diverse sentenze giurisprudenziali – anche di merito – intervenute in questi ultimi anni.

La prima pronuncia in materia si ha nel 2002 ad opera del Giudice di Pace di Partanna il quale ha ritenuto legittimamente manifestato il doppio assenso dell’utente ai fini dell’approvazione specifica della vessatorie – richiesto dall’art.1341 c.c. – con il doppio click sulla clausola ritenuta vessatoria.

La pronuncia è stata rovesciata un decennio più tardi da una ordinanza del Tribunale di Catanzaro con cui riconoscendo come invalida l’accettazione della clausola vessatoria con il doppio click, richiedeva la sottoscrizione della stessa esclusivamente con la firma digitale. Assolutamente palese come quest’ultima ordinanza si ponga ad ostacolo alla velocità e semplicità dei contratti conclusi online, non essendo la firma digitale (ancora oggi) uno strumento alla portata di tutti (Nel 2020 si stima che fossero poco più di 22 milioni le firme digitali attive, di cui il 70% liberi professionisti, il 20 % privati cittadini e solo il 10% le aziende – Fonte Studio AgId, CIONET, IDC e Aruba).

Le ultime statuizioni della Corte di Cassazione (Cassazione Civ., Sent.n.21622/2017) enfatizzano la necessità che il venditore attragga l’attenzione della controparte contrattuale sul contenuto della clausola vessatoria, garantendone conoscenza e conoscibilità anche a priori, mettendo a disposizione i termini e le condizioni anche prima della sottoscrizione del contratto al fine di garantire la necessità dell’utente di ponderare la volontà che sta manifestando con il proprio click.

Da una questione, quindi, che originariamente atteneva alla validità della clausola vessatoria, si è arrivati oggi a privilegiare non un giudizio di merito sulla stessa ma le modalità attraverso cui il consenso (specifico) viene manifestato in relazione a quella stessa clausola.

LA SOLUZIONE DI ABILIO

Termini chiari, comprensibili, messi a disposizioni di tutti gli utenti, con clausole poste in assoluta evidenza nel corpo contrattuale, con caratteri e colori diversificati. In Abilio facciamo del legal design l’elemento disruptive rispetto al – sorpassato – modo di concludere i contratti garantendo che gli utenti possano avere assoluta conoscenza e trasparente conoscibilità di tutte le clausole contrattuali che incidono sul sinallagma contrattuale.

Ma ancora, occorre chiedersi se non ci si possa spingere oltre, perseguendo la trasparenza contrattuale anche con altri e diversi strumenti, più innovativi e più efficaci. Dopotutto se con un comando vocale possiamo accendere le luci o la musica in casa, dialogare con un veicolo, perché non ipotizzare che la voice recognition possa essere la nuova modalità di conclusione del contratto?